Immanuel Kant: Il Libero Gioco delle Facoltà Conoscitive

Foto:Kant,il gioco
Kant,filosofia del gioco

Il gioco come fondamento del giudizio estetico e della cognizione per I. Kant (1724 – 1804)

 

Ottavo articolo della collana Il gioco nella filosofia, dedicato ad Immanuel Kant. La collana si propone di illustrare come il gioco sia presente nella filosofia di vari pensatori e quale funzione esso abbia assunto nel corso della storia della filosofia. La serie è curata da Brunella Antomarini, docente di filosofia presso l’università John Cabot di Roma.

Il presente articolo è incentrato sul significato del gioco nel pensiero di Immanuel Kant.

Quando il bambino gioca, le sue azioni non sono dettate da necessità o da uno scopo pratico. Al contrario, il bambino gioca perché ciò gli procura piacere. Il gioco è un’attività libera, in quanto non determinata da necessità e non limitata da regole precise, e autosufficiente, in quanto fine a sé stessa e non finalizzata a un obiettivo. In altre parole, il gioco ha uno scopo soltanto nella misura in cui il soggetto che compie l’azione di giocare gliene attribuisce uno. Essendo libero e fine a sé stesso, questo concetto è ripreso da Kant nella sua Critica del Giudizio come base del giudizio estetico, o meglio del giudizio di gusto, determinato dal “libero gioco delle nostre facoltà conoscitive,” l’immaginazione e l’intelletto. L’opera d’arte, così come il gioco, viene prodotta per la semplice esibizione, per “gioco”. Kant dunque riconosce al gioco una funzione estetica, poiché esso esprime l’interazione armonica fra immaginazione e intelletto.

Il giudizio estetico che esprimiamo nel valutare l’opera d’arte è disinteressato, ossia volto unicamente a determinare se troviamo l’opera in questione bella oppure no. Come spiega Kant stesso, per “interesse” si intende “il compiacimento che colleghiamo con la rappresentazione dell’esistenza di un oggetto” (p.77). Ciò significa che, nel valutare l’opera d’arte, non siamo chiamati a definirne l’utilità, poiché essa non ha una simile funzione pratica, bensì siamo chiamati a esprimere l’effetto emotivo che esercita su di noi. In tal senso, non abbiamo alcun interesse nell’oggetto. Il gioco fra immaginazione e intelletto è così un’azione disinteressata, fine a sé stessa, mimesis del mondo sensibile che ci permette di sperimentare possibilità che altrimenti non potremmo esplorare.

Una tale armonia fra immaginazione e intelletto nel “libero gioco delle facoltà” è il presupposto per la conoscenza in generale. Attraverso l’immaginazione, percepiamo l’oggetto sensibile come se fosse stato strutturato al fine di soddisfare ai bisogni dell’intelletto, incapace di concepire il mondo sensibile nel suo insieme se non attribuendogli dei fini di per sé inesistenti. La tendenza della mente umana a cercare le finalità della natura per poterla conoscere è al centro del giudizio teleologico. Si prenda il seguente esempio, riportato da Kant:

…se si adduce come esempio la struttura di un uccello, la cavità delle sue ossa, la disposizione delle sue ali ordinate al movimento e della coda che serve da timone, ecc., si dice che tutto ciò è in sommo grado contingente secondo il semplice nexus effectivus che regna nella natura, senza ricorrere anche a una specie particolare di causalità, cioè quella dei fini (nexus finalis)… (p.419)

Nel descrivere l’anatomia di un uccello, così come di un qualsiasi altro essere vivente o inanimato, usiamo il linguaggio della finalità. Le ossa cave dell’uccello, così come la forma delle sue ali e della sua coda, sembrano essere state costituite in modo tale da permettere all’uccello di volare. Di fatto, però, non vi è alcuna finalità intrinseca, né un agente nella costituzione di un volatile. La finalità della sua “struttura” è definita dal nostro intelletto, che sente il bisogno di darle un senso per poterla conoscere.

Come appare evidente, Kant attribuisce al gioco una connotazione positiva, diversa dalla concezione di gioco come otium, ossia come attività futile, mero svago. Sebbene in entrambi i casi – tanto nel gioco come otium quanto nel gioco come percepito da Kant – il gioco sia concepito come attività fine a sé stessa, nel secondo caso esso assume una funzione fondamentale per il giudizio estetico e per i processi cognitivi in generale, cioè senza questo libero gioco delle facoltà, non potremmo nemmeno concepire come e che cosa conosciamo. Nella giocosa interazione fra immaginazione e intelletto, libera e autosufficiente, l’immaginazione permette all’intelletto di cogliere l’oggetto sensibile, rendendo possibile una scienza oggettiva in primo luogo. La scienza infatti non è conoscenza della natura com’è, ma come è costruita dalla mente. Il gioco è dunque per Kant la prova dell’esistenza delle facoltà mentali come libere dagli oggetti particolari. Sembrerebbe che il primo contatto dell’uomo con l’ambiente sia quello del gioco e dell’invenzione di uno scopo che viene proiettato sulla natura.


Riferimenti:
Kant, I., & Marassi, M. (a cura di). (2017). Critica del Giudizio. Firenze: Bompiani.

Daniela Movileanu
Daniela Movileanu è studentessa di Relazioni Internazionali presso l'università John Cabot di Roma, dove sta conseguendo anche un minor in Filosofia. Praticando scacchi a livello sportivo, è interessata alla relazione fra il gioco e discipline accademiche. A febbraio 2017, ha organizzato presso la John Cabot University una lecture sul ruolo della creatività umana nell'era della tecnologia visto attraverso gli scacchi.

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