Il gioco nella filosofia: Eraclito (Efeso, 535 a.C. – 475 a.C.)

Foto: Eraclito

Il significato del gioco nella filosofia di Eraclito di Efeso, uno dei maggiori pensatori presocratici

Primo articolo della collana “Il gioco nella filosofia” (curata da Brunella Antomarini, docente di filosofia presso l’università John Cabot di Roma). La collana ha l’obiettivo di illustrare come il gioco sia presente nella filosofia di vari pensatori e quale funzione esso abbia assunto nel corso della storia della filosofia.
Per Eraclito, il gioco è una metafora attraverso cui rendere evidente l’assenza di un telos, ovvero di un fine ultimo verso cui tutte le cose tendono, e dunque il carattere contingente della realtà.
Sebbene non sia stato oggetto di una trattazione sistematica sin dagli albori della filosofia, il gioco appare come metafora già in uno dei maggiori filosofi presocratici, ovvero Eraclito di Efeso. Definito da Aristotele come “oscuro” a causa della cripticità dei suoi scritti, di cui è complice la frammentarietà con cui ci sono pervenuti, Eraclito ha il merito di averci introdotto alla filosofia del divenire. Tutto è, secondo il filosofo, in continuo mutamento. Tale mutamento è regolato dal logos, ossia una legge, una razionalità immanente a tutte le cose, che conferisce ad esso ordine ed armonia, che però sono il risultato del conflitto: infatti, col trascorrere del tempo, ogni cosa si distrugge e subentra il suo contrario, così come, ad esempio, una bevanda calda diviene fredda. È nell’ ambito di questo tentativo di identificare le leggi che regolano un universo apparentemente governato dal caos che si colloca la metafora del gioco. Quest’ultima ci viene tramandata da Ippolito come segue:

αἰὼν παῖςἐστι παίζων πεσσεύων • παιδὸςἡβασιληίη.

La vita è un fanciullo che gioca, che sposta i pezzi sulla scacchiera: reggimento di un fanciullo.

Ippolito, Confutazione 9, 9, 4

La traduzione qui riportata, fornita da Giorgio Colli (A 18), è solamente una delle tante possibili. Il termine aion, infatti, è stato inteso anche come “il tempo” (Diels-Kranz) o “il tempo della vita” (Diano-Serra), mentre pessoi come “sassi su una scacchiera” (Diels-Kranz) o “tessere di una scacchiera” (Diano-Serra). La difficoltà nella traduzione sorge dal tentativo di preservare la sfumatura di significato che Eraclito ha voluto dare al testo, e che noi possiamo solo interpretare. Egli infatti non si riferisce al tempo con chronos, bensì con aion, termine che evoca un’idea di tempo come eternità, come divenire continuo. Quanto al gioco, non ci è dato sapere con esattezza di che tipo sia, ma possiamo ipotizzare che si tratti di un gioco di dadi, nel qual caso farebbe affidamento al caso, oppure di un gioco d’intelligenza, nel qual caso farebbe affidamento alla logica. Non è certamente il gioco degli scacchi come lo conosciamo oggi, poiché questi si è diffuso solo in epoche successive, ma potrebbe trattarsi di un gioco che richiede una simile abilità strategica. Ebbene, Eraclito paragona il tempo, l’eterno divenire, a un bambino che gioca, ovvero che lancia i dati casualmente oppure che vuole abilmente raggiungere un fine, un telos, che però è comunque legato alla contingenza. Nell’ interpretazione di Colli sembra prevalere la prima ipotesi. Con riferimento ai testi orfici, questi spiega come il bambino sia assimilabile al fanciullo Dioniso, il dio i cui attributi sono “la trottola, la palla, i dadi” e cui piacciono i giochi violenti. Il tempo scorre dunque fra necessità e contingenza, ovvero fra ordine e casualità, così come il dio bambino impartisce con casualità e giocosità gli ordini nei suoi giochi violenti.
In poche parole, la metafora del gioco in Eraclito serve a mette in dubbio il fatto che il logos, il principio del mondo che crea e distrugge, che fa subentrare una cosa al suo contrario in maniera ordinata e armoniosa, faccia così per raggiungere un fine predefinito. Al contrario, ci dice Eraclito, il tempo è come un bambino che impartisce ordini con la leggerezza del gioco, dunque casualmente. Si tratta di un riferimento al gioco che avrà successo nella storia della filosofia, attraendo pensatori quali Friedrich Nietzsche ed Eugen Fink.

Daniela Movileanu
Daniela Movileanu è studentessa di Relazioni Internazionali presso l'università John Cabot di Roma, dove sta conseguendo anche un minor in Filosofia. Praticando scacchi a livello sportivo, è interessata alla relazione fra il gioco e discipline accademiche. A febbraio 2017, ha organizzato presso la John Cabot University una lecture sul ruolo della creatività umana nell'era della tecnologia visto attraverso gli scacchi.

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