robot AI

Assieme a Paolo Pulicani, esperto d’AI e di modellizzazione di Big Data, partiamo da una definizione semplicistica di intelligenza artificiale:

“Potremmo definire l’intelligenza artificiale come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e dell’abilità umane. Guardando al settore informatico, potremmo identificare l’AI – Artificial Intelligence come la disciplina che si occupa di realizzare macchine (hardware e software) in grado di “agire” autonomamente (risolvere problemi, compiere azioni, ecc.).”

Quanto si trova d’accordo con tale definizione? Quali aspetti invece integrerebbe?

John McCarthy ha coniato per la prima volta il termine “intelligenza artificiale” nel 1956 quando invitò un gruppo di ricercatori di varie discipline tra cui simulazione linguistica, reti neurali, teoria della complessità e altre ancora ad un seminario estivo intitolato Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence.

Allora i ricercatori si riunirono per chiarire e sviluppare i concetti relativi alle “macchine pensanti” che fino a quel punto erano stati abbastanza divergenti. Si dice che McCarthy abbia scelto il nome di intelligenza artificiale per la sua neutralità; per evitare di evidenziare uno dei percorsi di ricerca che venivano perseguiti in quel momento nel campo delle “macchine pensanti” rispetto agli altri (cibernetica, teoria degli automi e elaborazione di informazioni complesse). La proposta per la conferenza diceva: “Lo studio deve procedere sulla base della congettura secondo cui ogni aspetto dell’apprendimento o qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza può, in linea di principio, essere così precisamente descritta che una macchina può essere programmata per simularla”.

Oggi, le definizioni dei dizionari moderni si concentrano sul fatto che l’intelligenza artificiale sia un sottosettore dell’informatica e su come le macchine possano imitare l’intelligenza umana (essere simili all’uomo piuttosto che diventare umane).

Le definizioni dell’intelligenza artificiale iniziano inoltre a spostarsi in base agli obiettivi che si cerca di ottenere con un sistema di intelligenza artificiale. Generalmente, le persone investono nello sviluppo dell’IA per uno di questi tre obiettivi:

  1. Costruire sistemi che pensano esattamente come fanno gli umani (“intelligenza artificiale forte”)

  2. Costruire sistemi che risolvano problemi simulando il pensiero umano ma senza tentare di capire come funziona il ragionamento umano (“intelligenza artificiale debole”)

  3. Usare il ragionamento umano come modello per risolvere problemi ma non necessariamente con l’obiettivo finale di simularlo.

La maggior parte dello sviluppo dell’AI che avviene oggi da parte dei leader del settore rientra nell’ambito del terzo obiettivo e utilizza il ragionamento umano solo come una guida per fornire servizi migliori o creare prodotti migliori, piuttosto che cercare di ottenere una perfetta replica della mente umana.

Quale pensa sia il vantaggio di unire gamification e AI?

Esiste un problema di integrazione tra agenti umani ed agenti artificiali che interagiscono per la soluzione di problemi.

Un concetto importante è quello di “sandbox”: un ambiente di simulazione protetto in cui l’agente umano può interagire con una simulazione dell’ambiente reale (esattamente come se fosse all’interno di un gioco) ed imparare per tentativi ed errori senza che le sue azioni errate abbiano conseguenze reali.

Ad esempio, un simulatore di volo è un ambiente artificiale (software) che simula il mondo esterno e l’agente umano interagisce con il simulatore mediante una interfaccia per portare a termine un obiettivo (condurre un aereo dal decollo, lungo la rotta, fino all’atterraggio).

In questo senso, l’applicazione di algoritmi di AI che simulino situazioni reali in ambienti protetti, in cui l’utente può “giocare” ed imparare mostra uno dei possibili vantaggi che derivano dallunione dell’AI con la gamification.

gamificatio play

I chatbot sono tra le tecnologie più utilizzate al momento, ci indica tre aspetti che facciano la differenza in termini di qualità e fruizione lato utente?

I chatbot sono programmi automatici utilizzati come mezzo per interagire con gli umani tramite mezzi testuali o uditivi. Questo software basato su AI è generalmente utilizzato dalle organizzazioni per arricchire i programmi di assistenza clienti. I chatbots svolgono un ruolo cruciale nel servizio clienti, in cui vengono utilizzati come strumento di acquisizione delle informazioni. I clienti interagiscono con i chatbot per chiarire i propri dubbi su un prodotto, ottenere informazioni relative al prodotto o persino prenotare un appuntamento con il product manager.

Qual è la differenza tra questi due tipi di applicazioni AI – chatbot e assistente virtuale?

I chatbot mancano di “comprensione” delle emozioni umane. Forniscono risposte precise alle domande, ma non riescono a comprendere i nostri stati d’animo e le nostre emozioni e non sanno come rispondere di conseguenza.

D’altra parte, con l’uso dell’elaborazione avanzata del linguaggio naturale, gli assistenti virtuali possono analizzare le complessità del linguaggio naturale.

Pertanto, gli assistenti virtuali interagiscono con gli utenti in modo molto più umano, offrendo maggiore efficienza e precisione. Tuttavia, con l’aiuto dell’intelligenza emotiva di IA, sono ora in fase di sviluppo chatbot che possono misurare i sentimenti umani.

Un’altra differenza significativa si verifica nel mantenimento del flusso conversazionale. Nell’interazione con i chatbots, se si interrompe la conversazione in mezzo, il bot non riuscirà a ricordare il contesto dell’interazione. D’altra parte, gli assistenti virtuali utilizzano tecniche di flusso di conversazione dinamiche al fine di comprendere l’intento umano, arricchendo le comunicazioni con gli esseri umani. Anche in questo aspetto (integrità conversazionale) si stanno facendo significativi passi in avanti.

chatbot

Pensando invece ad una possibile applicazione in ambito educativo, che vantaggi le vengono in mente se pensa all’utilizzo di AI e gamification?

L’utilizzo della gamification in ambito educativo ha come principale vantaggio il fornire un apprendimento fornito da uninterfaccia di gioco è di tipo esperienzialeimparare facendo piuttosto che di tipo nozionistico – imparare immagazzinando informazioni.

Si è dimostrato ampiamente che la facilità di apprendimento, la durata di ritenzione e la resistenza alla stanchezza sono migliori quando si impara attraverso l’esperienza.

Inoltre, l’implementazione di algoritmi di AI in questo ambito potrebbe creare dei programmi di apprendimento intelligenti, in grado di adattare e personalizzare il percorso formativo per ogni discente.

 

paolo pulicani sicheo AIIn che modo pensa che l’AI possa fare la differenza in azienda?

Sostanzialmente l’AI è utile quando occorre classificare e/o estrapolare un’informazione da un alto numero di dati: l’applicazione ai cosiddetti “big data”. L’ampiezza di tali dati rende di fatto impossibile unanalisi manuale ed occorre quindi applicare tecniche di analisi e di ragionamento automatici.

L’intelligenza artificiale è utilizzata anche quando occorre fare previsioni e prendere decisioni in base a modelli in cui sia presente incertezza.

L’incertezza può essere di due tipi:

    • incertezza strutturale: quando non si conosce in modo completo la modalità in cui le variabili di decisione influenzano l’esito finale di un processo;

    • incertezza sui dati: quando non si è certi della qualità dei dati in base ai quali si deve prendere una decisione a causa di errori o di rumore.

In questi casi l’utilizzo di algoritmi classici non assicura una corretta soluzione del problema della classificazione/decisione oppure la soluzione è valida solo in un ristretto numero di casi.

Degli esempi di classificazione possono essere gli algoritmi di riconoscimento facciale, quelli di Speech-to-text (che traducono il parlato in formato testuale) o algoritmi di traduzione da una lingua all’altra.

Prima dell’avvento delle Reti Neurali e del Deep Learning questi problemi erano considerati “hard”, di difficile soluzione.

Ovviamente, in ambito aziendale, esistono molti problemi che possono essere modellizzati come un processo di classificazione/decisione e per i quali è possibile tentare un approccio AI per la loro soluzione.

Detto questo, è necessario tenere presente che non tutti i problemi sono adatti ad essere affrontati in con questa modalità.

Spesso il tema AI è associato al lavoro, facendo sorgere dei dubbi su possibili cali di occupazione dovuti alla “sostituzione da parte delle macchine”.

Dal suo punto di vista di esperto, quali pensa siano le modifiche significative in corso o future della AI che pensa possano modificare l’attuale panorama lavorativo?

Questo è difficile da prevedere.

In generale, quando si applicano gli algoritmi e le tecniche di AI per la soluzione di un problema o l’espletamento di un’attività, il 95% del lavoro da svolgere risulta “facilmente” automatizzabile.

In altre parole,l’applicazione di AI si comporta in maniera intelligente nel 95% dei casi che le si presentano nel mondo reale ed, in genere, lo fa anche ad una velocità e con una precisione superiore a quella umana.

Rimane un 5% di casi “difficili” che lapplicazione di AI non riesce a gestire poiché non è in grado di risolvere l’ambiguità presente nel modello ed in quel particolare set di dati.

Le stesse situazioni sono invece più o meno facilmente gestibili da un agente umano.

Ritengo quindi improbabile che l’AI possa completamente sostituire intere classi di professioni. Quello che è probabile è che l’AI verrà utilizzata come strumento all’interno delle professioni aumentando la produttività e riducendo il numero delle persone impiegate, alle quali verrà richiesta una attività di supervisione e controllo.

Ad esempio, un software di traduzione automatico può essere utilizzato per tradurre un testo, e la traduzione, quasi immediata, sarà corretta al 95%.

Sarà poi cura del traduttore umano rivedere e correggere il restante 5%. Ovviamente, lavorando solo alla revisione di un testo quasi del tutto tradotto, la produttività del traduttore umano sarà aumentata di un fattore diciamo 10 e quindi ci sarà bisogno di meno traduttori.

D’altra parte, è anche possibile che nuove figure vengano richieste man mano che la tecnologia prende piede.

E’ comunque difficile prevedere se il bilancio tra posti di lavoro creati e posti di lavoro eliminati sarà o meno positivo.

sicheo gamification

Ci racconta qualche esempio pratico riscontrato durante il suo lavoro come direttore tecnico da Sicheo?

In generale le aziende sono ancora abbastanza indietro nella applicazione delle tecniche di AI per la risoluzione dei propri problemi.

Per ora la maggior parte dei progetti sono legati allanalisi dei big data. Si tratta perciò di progetti, per lo più sperimentali, portati avanti da grandi aziende del credito o dell’energia, legati soprattutto al marketing o alla sicurezza.

Iniziano però anche degli investimenti in progetti di natura diversa e legati ad altri ambiti d’applicazione.

Noi di Sicheo, ad esempio, stiamo lavorando a progetti in ambito di produzione industriale.

Un prodotto sviluppato di recente ci è stato richiesto da una casa farmaceutica.

La richiesta di quest’azienda era quella di tenere sotto controllo i parametri di una linea di produzione di farmaci in modo da tenere entro le specifiche stabilite dalla Autorità di Vigilanza sui Farmaci la qualità del prodotto finale.

L’idea è quella di affiancare alla linea di produzione un agente software che registri il funzionamento della linea durante ogni singolo batch di produzione, ossia i suoi parametri di funzionamento, assieme alle caratteristiche qualitative del prodotto finale che ne risulta.

Durante questo periodo, detto di “apprendimento”, il software assegna dei pesi al modello della linea, in modo tale da rendere minimo l’errore tra le previsioni sulle caratteristiche del prodotto finale calcolate dal modello e le effettive caratteristiche misurate.

Una volta eseguita la fase di apprendimento, il modello, pronto per essere messo in modalità on-line, dovrebbe essere in grado di predire la qualità del batch in produzione a partire dalla misura dei parametri di produzione impostati, oltre che permette all’operatore di simulare diversi parametri di produzione per capire come variano in conseguenza le caratteristiche del prodotti finito.

 

Che percorso di studi e formazione consiglia a chi volesse diventare un esperto di AI come lei?

Come bagaglio di conoscenze di base sono sicuramente quelle di tipo matematico: partendo da una buona conoscenza dell’algebra lineare, del calcolo delle probabilità e della statistica per arrivare alle applicazioni più avanzate con nozioni di analisi e calcolo numerico.

A livello di scelta di percorso universitario, intendo dei corsi di laurea in Matematica o in Ingegneria Informatica.

Invece per l’aspetto più informatico, secondo me occorre un buon corso di programmazione.

robot love

Il linguaggio specifico di programmazione non importa molto, sono invece importanti i concetti (strutture dati e algoritmi), perché i linguaggi evolvono rapidamente ma, dal punto di vista computazionale, restano equivalenti.

Infine, di corsi specifici, se ne trovano di ottimi in rete, anche gratuiti.

Forse il più gettonato è il corso online gratuito “Machine Learning” della Stanford University tenuto da Andrew Yan-Tak Ng, professore associato alla Stanford e cofondatore di Google Brain, il gruppo di ricerca di Google su Deep Learning ed Intelligenza Artificiale, naturalmente in inglese.

Sonia Ionta
Laureata magistrale in "Tourism Economics and Management" all’Università di Bologna, ha conseguito il master "Marketing Strategico e Comunicazione Digitale" alla John Cabot University. Il tema della sua tesi triennale in “Scienze del turismo” all’Università Sapienza è stata proprio un’analisi dell’applicazione della gamification in ambito turistico. Data la sua curiosità per le nuove tecnologie, il marketing e il mondo del gaming, inizia a lavorare come copywriter e social media manager, collaborando anche con il Gamification lab magazine.

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